di Gino Motta
Fin dalla sua nascita la nostra Società si è adoperata per sottrarre il segugio alla misconoscenza e a campagne denigratorie.
La SIPS (Società Italiana Pro Segugio), società specializzata dell'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, può contare su prestigiosi trascorsi che diedero l'avvio alla sua costituzione, intendiamo riferirci alla "Società italiana amatori del segugio e del cane da tana", sorta a Lodi nel lontano 1920 su iniziativa di Carlo De Maddalena, suo primo presidente, di Luigi Ceceri (zio di Paolo), di Zacchini e di Zacchetti.
Vi avevano aderito una quarantina di sottoscrittori, in gran parte lombardi, tra i quali Piero Bonanomi e Franco Marzorati, due personaggi di grande spicco in campo segugistico.
Il nobile intento dell'associazione era quello di recuperare la qualità dei nostri cani da seguita, che accusavano notevoli tare sia sotto il profilo morfologico che psichico.
C'era da restituire dignità di razza ad una congenie di cani da lepre in mano a utilizzatori di bocca buona che erano all'oscuro dei fondamentali canoni di una caccia alla seguita come si conviene. C'era inoltre da stabilire un indirizzo di allevamento omogeneo che si uniformasse ai sani ed opportuni principi zootecnici. Salvo rare eccezioni, (basterebbe controllare l'irrisorio numero di iscrizioni al Libro Origini)la situazione era pressoché disperata. C'era infine da rendersi promotori (e Zacchetti ne perorò la causa) della riapertura del Libro Riconosciuti (L.I.R.) affinché non si disperdessero alcuni validi ceppi etnici.
L'assemblea del 1926 chiede la riconferma del presidente avv. Porlezza (Zacchetti era segretario amministrativo) e la nomina a soci onorari di Solaro, Groppi e Cajelli, tre far i più illustri cinotecnici dell'epoca.
Nel 1928 Zacchetti e Luigi Ceceri furono eletti giudici ufficiali dell'ENCI e nello stesso anno il sodalizio trasferì la sua sede da Lodi a Milano presso l'ENCI in Via Monforte. Notevole contributo alla corretta formazione di una cultura segugistica e all'indirizzo di una giusta utilizzazione dei cani da seguita, diede il manuale di Zacchetti, edito nel 1932 dalla S.A. Editrice Cinegetica.
Nel 1939, in concomitanza dell'entrata in vigore del Testo Unico sulla caccia che penalizzava l'impiego dei segugi con assurde limitazioni, non si consentiva neppure l'addestramento, la Società, per le difficoltà di gestire i necessari contatti, si sciolse durante l'ultimo conflitto trovandosi nell'impossibilità di dar corso ai propositi e agli impegni iniziali. Come se non bastasse, il periodo bellico aggravò ulteriormente le condizioni di una razza sull'orlo del disfacimento: nel 1947 i nostri segugi iscritti al LOI erano 41 e al LIR 28; nel 1952 15 al LOI e 92 al LIR.
A guerra conclusa molti Comitati Provinciali della Caccia (Milano, Bergamo e Brescia in testa) ritornarono a prospettare non solo limitazioni all'uso del segugio, ma addirittura al suo divieto.
Alla riunione indetta da Zacchetti e Mario Quadri il 9 gennaio del 1954 a Verolanuova in provincia di Brescia per la rifondazione della Società e con la partecipazione di bresciani, cremonesi e piemontesi, riemerse la necessità di far fronte alla precaria situazione. Furono determinanti gli interventi di Pellini, Baldrighi, Guerrini, Vaudetti e Pianta pere decidere la ricostituzione di un'associazione che prenderà il nome di Società Italiana Pro Segugio e che, dopo la scomparsa di Zacchetti, il 28 agosto dello stesso anno, verrà a lui intitolata.
All'assemblea di costituzione della Società (29 giugno 1955), tenutasi a Cremona in via Beltrami 48 e presieduta da Gino Tirale, erano stati nominati membri del consiglio direttivo Dante Baldrighi, Gerardo Coma, Angelo Camozzi, Amilcare Paneroni, Giuseppe Pellini, Remo Paloschi, Mario Quadri, Cesare Sabbia e Gino Tirale. Presidenti onorari Paolo Barbizzoli, Sandro Bocchi, Franco Ceroni, Giacometti De Maddalena, Lino Marchetti, Pietro Pediconi, Camillo Valentini e Giovanni Vaudetti. Alla presidenza veniva chiamato Mario Quadri (che ricopri la carica per oltre un quarantennio), alla vicepresidenza Dante Baldrighi e a segretario Gerardo Coma.
nel 1955 l'ENCI indice il primo corso di cinotecnia che si tiene presso l'Istituto Spallanzani e l'Università di Milano. Coordinato dal Solaro, titolare delle lezioni di zoognostica canina, si annoveravano tra gli altri docenti Magliano, Barigozzi, Ranzi, Lainati, Pesce, Rapazzi e Giulio Colombo. Dal corso, della durata di sei mesi,uscirono abilitati a giudice delle razze da seguita Mario Quadri, Giuseppe Migliorini Baldesi e Gerardo Coma: la commissione esaminatrice era composta da Solaro, Barbieri, Cajelli e Colombo.
Va sottolineato che le perplessità da parte degli organi pubblici delle Amministrazioni nel concedere l'autorizzazione a prove di lavoro per segugi persistevano, ma dopo lunghe e tribolate trattative si riuscì finalmente a strappare a titolo sperimentale la concessione del Comitato Caccia di Cremona; a onor del vero si ha memoria di una prova effettuata a Pellegrino Parmense nell'ottobre del 1945, voluta da Pinetto Pettenati e giudicata da Ennio Dehò; e di un'altra addirittura nel 1912 a Bellagio, organizzata dal "Cacciatore italiano".
Fu dunque indetta la prima prova ufficiale a Castelverde (Cremona) nei giorni 12-17 settembre 1955: sei mattinate per giudicare quattro mute e un singolo. Vi parteciparono due mute di segugi italiani (di Mario Quadri e di Pellini), una di Bleu di Guascogne (di S. Caffi) e una di bassetti vandeani (di D. Baldrighi); il singolo era di Passaglia. Giudice unico Paolo Ciceri.
La prima edizione pagò in un certo senso lo scotto del debutto anche a causa di un necessario trasferimento per l'assenza di lepri nell'areale prescelto e per l'insistenza del maltempo. Quadri, in un commento che rievoca la manifestazione, scriveva che in quella circostanza si assistette "al trionfo assoluto dei segugi meticci su quelli a genealogia accertata... l'utilità delle prove di lavoro, dopo questa prima esperienza, non è ancora accertata, e tosto si accende impetuosa la polemica sui 'manichini da esposizione' tra i fautori e i denigratori delle prove di lavoro".
Il dado comunque era tratto. Interessante rilevare l'ampia disponibilità di tempo (previsti i richiami) concessa (o pretesa) per lo svolgimento della prova.
A tale concetto (la durata dell'esame era lasciata alla discrezione del giudice) si uniformarono le prove dell'anno successivo che, ancora organizzate a Castelverde e giudicata in coppia da Paolo Ciceri e Migliarini Baldesi, ebbero la durata di ben dieci giorni a partire dal 4 settembre.
Nel frattempo, sotto la guida di P. Ciceri, s'era abbozzato un regolamento via via aggiornato nel tempo e la manifestazione, che vide un buon numero di concorrenti, risultò assai soddisfacente.
Ricordiamo in proposito che le relazioni dei giudici non si limitavano ad una sintetica cronistoria della cacciata, ma si dilungavano in commenti ed osservazioni di notevole impegno tecnico. Il segugio, grazie all'impegno del sodalizio, che oltre al suo presidente, si giovava dell'apporto del segretario Coma, stava risalendo la china a spron battuto. Le adesioni alla Pro Segugio aumentarono e la segreteria ideò tre ordini di tessere: soci ordinari, sostenitori e simpatizzanti.
Si intensificarono gli interventi presso le autorità al fine di equiparare i diritti dei cani da seguita (e dei segugisti) a quelli degli altri cani da caccia. Il processo di riabilitazione del nostro segugio (era ancora distinto nelle due varietà) si giovò anche del nuovo standard di Solaro, che soppiantava una descrizione dei suoi caratteri morfologici risalente agli anni venti.
Pur in contrasto con le leggi vigenti e per merito di alcuni illuminati presidenti dei Comitati Caccia, dietro pressione della SIPS, si ottennero insperate autorizzazioni: alle prove di Castelverde fecero seguito quelle di Terlago (Trentino) e di Campigliatello Silano (Calabria). Le prime furono caldeggiate da G. Nesler e le seconde da D. Fasanella, fondatore della prima sezione SIPS del mezzogiorno. Tali manifestazioni si caratterizzarono per essersi svolte per la prima volta in montagna. Nel '58 e nel '59 si corsero due edizioni volute da Migliorini Baldesi nell'Aretino.
I rappresentanti della SIPS concordavano nel 1961 con la Federazione Italiana della Caccia l'istituzione di un Campionato italiano che si doveva concludere attraverso selezioni provinciali e regionali. L'anno seguente vide la prima edizione sebbene turbata, come del resto le successive, da ritardi e contrattempi che non sempre ne consentirono un puntuale svolgimento.
Ad ogni buon conto, si era ormai imboccata una strada che avrebbe condotto a quei prestigiosi risultati che si constatano oggi.